lunedì 11 febbraio 2013

La mia collega Croata



Considero ancora quei luoghi come terre d'Italia. Ma forse l'Europa serve a superare brutti momenti della storia Nazionale come quello che abbiamo ricordato ieri.

Vi racconto una storia. 
Ero in Spagna. Studiavo li, come Erasmus, a Valencia, dove c'è la comoda consuetudine di aprire le biblioteche di notte durante il periodo d'esami. Un'opportunità per ragazzi venuti da ogni parte d'Europa che forse, trovati all'estero in una terra bellissima come quella Spagnola, non avevano avuto ne tempo ne voglia di mettersi sui libri a tempo dovuto. Io non facevo eccezione, e come tanti ragazzi mi trovavo di notte in biblioteca per cercare di studiare e dimenticare per un attimo le mille distrazioni delle notti Spagnole. Vicino a me c'erano le stesse facce che avevo visto nei vari locali e feste nei mesi precedenti, accumulati dallo stesso destino di chi ha fatto troppa baldoria prima ed è costretto, poi,  a recuperare in fretta. Non avevamo quindi cambiato i nostri orari, vivevamo sempre di notte, solo che ora passavamo il tempo in biblioteca invece che nel locale preferito dagli Erasmus al centro di Valencia.

Nel nostro gruppo di studio c'era una simpatica ragazza Croata, ottima studentessa e compagna di studi precisa e puntale della quale però non ricordo il nome. Eravamo, se non erro, nel 2003, l'anno prima dell'istituzione del 10 Febbraio come giorno del ricordo. 
Nella biblioteca si cercava di studiare ma spesso ci bloccavamo per chiacchierare fra noi e scambiarci impressioni e opinioni. Passavamo l'intera nottata in quella biblioteca e due cose ci accomunavano: gli esami alle porte e la consapevolezza di non avere neanche l'idea di una preparazione sufficiente a superarli. Spesso chi è inguaiato allo stesso modo finisce per solidarizzare.
Mi trovavo così a parlare con la mia collega Croata, e dopo le chiacchiere sui temi di studio finimmo quella notte a discutere dei rispettivi luoghi d'origine.  Io raccontai della mia Città e della mia terra, lei della sua. Mi disse un nome di una città che però non riuscivo a decifrare, presi quindi una cartina in modo tale che potessimo entrambi mostrare all'altro dove vivevamo.

Mi indicò una città che io chiamai immediatamente con il suo nome. La mia amica era di Fiume, e gli dissi appunto che ora avevo capito da dove venisse e che era Fiumana. Si girò di scatto, mi guardò e mi disse  "ma voi Italiani ancora la chiamate così?" ,  "è quello il suo nome", risposi subito io, "come vuoi che la chiami?".

Cambiammo discorso. Avevo intuito che alla mia collega la cosa non era proprio piaciuta, e non riuscivo a comprendere se era più incuriosita o infastidita. Tornammo a parlare di argomenti da ventenni: delle feste, degli esami sempre più prossimi e della biblioteca aperta di notte che doveva evidentemente essere una novità inesistente sia nel luogo da dove venivo io, sia da quello da dove veniva lei.

Cambiammo discorso, andammo avanti.
Senza dimenticare, dobbiamo però costruire l'Europa.

Buona Discussione.










1 commento :

Anonimo ha detto...

La vita o si vive o si scrive...quel poeta demente lo aveva capito e quindi con un po' di spirito guerresco in corpo ha invaso un paese di 50 mila abitanti...il mio pensiero va a tutti i deceduti, a tutti gli ingannati dai vostri ideali obsoleti e dementi. Sventolate pure le vostre bandiere e innalzate palizzate sui vostri confini territoriali e mentali. Presto o tardi vi infileremo il vostro stato italiano di falsa democraZia moderata, le vostre bandiere rosse, i vostri fasci neri, dritti dritti dove non batte il sole.