mercoledì 26 marzo 2014

Il Plebiscito del 1860 a Montegiordano.


Il 17 Marzo 1861 a Torino si proclamava l'unità del Regno d'Italia. L'anno prima, nei territori meridionali si decideva, tramite quello che oggi chiameremo referendum, se aderire al progetto unitario.

Lascio al Professor Carmelo Mundo la cronaca di cosa successe allora a Montegiordano. 

Mi sembra particolarmente interessante riportare questo genere di accadimenti specialmente ora che vengono messi in discussione processi di integrazione come quello europeo che mirano a risolvere problemi di cui abbiamo forse scarsa memoria. 

Buona Discussione. 




Pagina 12 – N. 12 – DICEMBRE 2007 Confronti Mensile dell’Alto Jonio di Attualità Politica e Cultura
C U L T U R A
MONTEGIORDANO E IL PLEBISCITO DEL 1860

Di Carmelo Mundo

Nell’estate del 1860, com’è noto, Garibaldi ,dopo aver liberato, con i suoi famosi e leggendari “Mille”, la Sicilia dalla dominazione borbonica, riprese la sua marcia trionfante, risalendo la Penisola e liberando via via le altre province meridionali del Regno delle due Sicilie, fino alla conquista di Napoli, dove instaurò un governo provvisorio, in attesa che anche queste popolazioni entrassero a far parte del Regno d’Italia costituitosi da poco con la guida della dinastia dei Savoia.
Ma il nuovo Parlamento italiano, guidato sapientemente dall’abile Cavour, al fine di ridimensionare il ruolo determinante avuto da Garibaldi nell’operazione militare, stabilì che, in analogia a quanto era già accaduto per le regioni centro-settentrionali, l’annessione del Meridione al nuovo Stato unitario dovesse avvenire con un plebiscito popolare. Si trattava di uno strumento di democrazia diretta, analogo all’attuale referendum, mediante il quale i cittadini venivano chiamati ad esprimersi e deliberare su importantissime questioni di natura istituzionale.
La formula del plebiscito su cui pronunziarsi era la seguente: “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e suoi legittimi discendenti”.
Fu emanato un apposito decreto che dettava istruzioni per lo svolgimento delle operazioni di voto
E fissava la data di votazione per il 21 ottobre 1860.
Questo importante adempimento fu puntualmente preparato e scrupolosamente curato anche a Montegiordano, come in tutti i Comuni dell’Italia meridionale.
Preliminarmente nei giorni precedenti fu compilato l’elenco dei cittadini aventi diritto al voto e ne fu affissa copia negli appositi luoghi. Inoltre, Per dare maggiore efficacia e pubblicizzazione all’avvenimento, all’avviso scritto seguirono numerosi “ bandi “. Infine, la mattina del 21 anche il parroco ricordò ai fedeli accorsi in chiesa l’importanza, lo scopo ed i vantaggi del Plebiscito, invitandoli a recarsi a votare.
Nel giorno fissato si riunì un’apposita Commissione comunale presieduta dal 2° Eletto D. Clemente Sarandria, in sostituzione del Sindaco Gaetano Zito, fisicamente impedito e composta dai “Decurioni”, ossia gli attuali consiglieri comunali, Ferdinando Oriolo, Giuseppe Sarandria e Domenico Colotta. Era presente anche, come prescritto, il Capo della Guardia Nazionale a tutela e garanzia dell’ordine pubblico.

Il Sarandria, ai cittadini intervenuti diede lettura delle circolari a tal proposito emanate, illustrò le procedure da osservarsi e finalmente alle ore 13,00 diede inizio alle operazioni, che terminarono alle ore 19,00.
Furono allestite su di un tavolo tre urne: quella centrale vuota in cui riporre le schede man mano votate,quella di destra per le schede bianche con la parola SI e quella di sinistra per le schede rosse con la parola NO.
I cittadini ammessi al voto erano 230 su una popolazione che si aggirava intorno alle 1500 anime.
Com’è facile osservare, si trattava di una percentuale molto limitata di elettori, appena intorno al 15%, peraltro quasi tutti coloni o braccianti, quindi di basso livello d’istruzione.
Oltre ai cittadini al di sotto di ventuno anni, erano escluse dal diritto di voto anche le donne, che ottennero tale conquista solo nel febbraio del 1945.
Va comunque sottolineato che, pur in presenza di tale limitazione, la partecipazione al voto fu totale, essendosi recati alle urne i 230 cittadini aventi diritto. La vittoria del SI fu totale, ossia tutti i votanti furono favorevoli all’annessione.

Ad orientare e determinare l’esito della votazione furono senza dubbio l’entusiasmo suscitato nelle popolazioni dal passaggio di Garibaldi e la speranza in un Governo migliore che finalmente bandisse ogni forma di malcostume politico, ogni sopruso, ogni angheria o vessazione.
Ma, ahimè, non doveva passare molto tempo per constatare con amarezza che le cose non andarono nella direzione sperata. Fu facile illusione, cui purtroppo fece seguito un amaro disinganno, che la nuova classe politica non seppe evitare. Infatti, se avesse adottato provvedimenti improntati a saggezza, a giustizia sociale, ad elevazione culturale e, soprattutto, ad acume politico alieno da ogni forma,occulta o palese, di “piemontesizzazione” di queste contrade, probabilmente avrebbe impedito il sorgere della famosa ed annosa “Questione meridionale”, che ancora oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, attanaglia le popolazioni del Sud.
Tornando al Plebiscito, al termine delle operazioni fu chiusa e sigillata l’urna centrale contenente le schede votate, fu redatto apposito verbale, sottoscritto dai componenti la Commissione, in duplice copia , di cui una fu consegnata al 2° eletto Clemente Sarandria , l’altra al Capo della Guardia nazionale.


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